La grave pandemia che ancora ci affligge ha colpito severamente le famiglie in crisi.

Gli avvocati si sono trovati conseguentemente a far fronte a numerose richieste di aiuto da parte dei clienti, i quali stanno affrontando complicazioni familiari, psicologiche ed economiche impreviste dovute all’emergenza sanitaria.

Affrontiamo insieme allora una sintetica ricognizione delle questioni per le quali maggiormente l’avvocato è dovuto intervenire, per offrire ai clienti validi strumenti di aiuto per affrontare la crisi della famiglia nell’emergenza pandemica.

LA FREQUENTAZIONE DEI FIGLI E LE ZONE

Con gli artt. 2 e 3 del DPCM 3.11.2020 (poi abrogato e sostituito dal DPCM 3.12.2020), l’Italia è stata divisa in zone, in base al livello di rischio pandemico: a seconda del variare degli indici che attestano la gravità del rischio, le Regioni sono collocate nelle zone rossa (nella legge identificata come “scenario di massima gravità” o scenario di tipo 4), arancione (“scenario di elevata gravità” o scenario di tipo 3) e gialla, con correlativa individuazione delle misure di contenimento.

Come già avvenuto durante il lockdown della primavera 2020, fra le misure di contenimento, nel decreto sono stati previsti divieti di spostamento in entrata e in uscita dalle Regioni o dai Comuni (a seconda del colore della zona), nonché all’interno dei medesimi ambiti territoriali, con le uniche eccezioni ai divieti gli “spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute” e quelli “strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza nei limiti in cui la stessa è consentita”.

Ci si pone quindi questa domanda:

E’ LECITO PER IL GENITORE NON COLLOCATARIO SPOSTARSI TRA LE ZONE DI DIVERSO COLORE PER FREQUNTARE I FIGLI MINORI?

Ebbene il Governo ha risposto che gli spostamenti per raggiungere i figli minori presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche tra Comuni di aree differenti.

Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori.

Sebbene siano state pubblicate sul sito dal Governo, è bene ricordare che tali risposte non hanno forza di legge; pertanto nell’incertezza del quadro normativo, va qui ricordato che la prevalente giurisprudenza di merito, che si è pronunciata sui casi di conflitto fra genitori in merito alle condizioni di frequentazione dei figli durante il lockdown dei mesi primaverili, ha dichiarato che alcuna chiusura di ambiti regionali può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione o di divorzio vigenti.

I giudici hanno cioè ritenuto che – salvo casi molto specifici – debba prevalere il diritto alla bigenitorialità del minore.

Quindi la compressione del diritto del minore a godere della bigenitorialità sarà giustificata solo in presenza di oggettive ragioni di tutela della salute proprie del caso concreto (per esempio in considerazione della specifica attività lavorativa prestata dal genitore, ovvero della provenienza da zone “rosse”, o da contesti abitativi esposti in misura rilevante al pericolo di contagio, ovvero dall’utilizzo di mezzi di trasporto pubblici per raggiungere il minore)”, tenuto anche conto che proprio in questo delicato periodo di restrizioni e di cautele, è necessario garantire regolari rapporti genitoriali ai minori, al fine di trasmettere loro fiducia e serenità anche rispetto alle relazioni affettive con i propri genitori.

Anche nel vigore delle nuove norme, quindi, l’avvocato al quale venga chiesto un parere dovrà compiere una specifica valutazione del caso concreto, che verifichi in maniera rigorosa la sussistenza di un pericolo di pregiudizio, tale da determinare una esigenza di tutela rafforzata della prole, al fine di individuare il concreto interesse del minore, venendo in rilievo una decisione da assumere nei suoi confronti.

L’attuale normativa prevede:

l’isolamento dei casi di documentata infezione, che si riferisce alla separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione. (Circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020)

e

la quarantena, che, invece, riguarda la restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi (Circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020).

Nel caso in cui quindi il figlio minorenne risulti positivo al Covid o comunque presenti sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5° C), appare pacifico che debba rimanere in isolamento o in quarantena nella casa – sia essa quella del genitore collocatario o non collocatario – dove si trovava nel momento in cui è stata riscontrata la malattia, con sospensione del diritto di visita “fisica” da parte dell’altro genitore.

Nel caso di positività del genitore, ovviamente il diritto di frequentazione del figlio (che con lui non coabiti in quel momento) sarà ugualmente sospeso. E’ del pari evidente che in tali occasioni dovrà essere incrementata il più possibile la frequentazione “virtuale”, con tutti i mezzi tecnologici disponibili.

E SE INVECE IL FIGLIO E’ MAGGIORENNE?

Come può frequentare entrambi i genitori, nel caso in cui questi vivano in zone diverse?

In base alla normativa attualmente vigente, il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento della relazione con entrambi i genitori resta purtroppo privo di una tutela specifica: per frequentare entrambi i genitori, egli potrà far leva sulle sole possibili eccezioni previste dalla normativa emergenziale per le visite ai parenti ed amici; solo a titolo esemplificativo, nel periodo delle feste natalizie, è stato ad esempio consentito, una sola volta al giorno, spostarsi per fare visita a amici o parenti(fra i quali senza dubbio rientrano i figli maggiorenni ovvero i genitori non collocatari), peraltro all’interno della stessa Regione, dalle 5 alle 22 (v. decreto legge c.d. Natale 18.12.2020, n. 172).

 

LA CRISI ECONOMICA E LA RIDUZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO

La pandemia ha avuto, ha e continuerà ad avere gravi ripercussioni economiche sulle famiglie.

Molto spesso i genitori obbligati alla corresponsione di un assegno di mantenimento si trovano in difficoltà a provvedere al pagamento dello stesso, vuoi perché lavoratori dipendenti in cassa integrazione, vuoi perché lavoratori autonomi o liberi professionisti con fatturato drasticamente ridotto, vuoi infine perché – lavorando a nero – le entrate si sono proprio azzerate.

A breve verrà anche eliminato il divieto di licenziamento.

La riduzione del reddito determinata dalla crisi pandemica costituisce senza dubbio una circostanza nuova che legittima la richiesta di una modifica delle condizioni della separazione o del divorzio.

Dal punto di vista sostanziale, per quanto riguarda i rapporti patrimoniali fra coniugi l’art. 156 c.c. all’ultimo comma prevede infatti che “qualora sopravvengano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti”.

Inoltre, il codice civile, all’art 377-quinquies, dichiara che i genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.

Per apportare le modifiche all’assegno di mantenimento precedentemente stabilite occorre che vi siano fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale i provvedimenti erano stati adottati, fatti che comportano cioè una modifica sostanziale della situazione reddituale dell’obbligato

Ebbene, la crisi economica conseguente alla pandemia senza dubbio può costituire un fatto sopravvenuto, che – nel caso in cui abbia un impatto sui redditi delle parti – può essere il presupposto di una richiesta di modifica.

Ci sono state alcune pronunce dei Tribunali, che hanno accolto le richieste di modifica dell’assegno, nei casi in cui le parti abbiano provato che la diminuzione del reddito causato dall’emergenza ha alterato l’equilibrio stabilito in precedenza, rendendo necessario adeguare la misura dell’assegno alla nuova situazione.

 

RITARDATO PAGAMENTO DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO. QUALI SONO LE CONSEGUENZE?

Il genitore potrebbe sospendere o ritardare il pagamento dell’assegno di mantenimento, invocando la crisi economica straordinaria determinata dalla pandemia?

Sebbene ci siano alcune norme del codice civile che permettano di invocare l’impossibilità sopravvenuta in ambito contrattuale, il mantenimento dei figli costituisce infatti un dovere inderogabile dei genitori sancito dall’art. 30 della Costituzione e, anche per tale motivo, non è possibile applicare all’assegno di mantenimento le norme previste in tema di contratti.

Si potrà sempre chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali, nell’ipotesi in cui il mancato pagamento leda in modo tangibile l’interesse del figlio minore; inoltre è bene sapere che, nel nostro ordinamento, la violazione dell’obbligo di mantenimento è sanzionata anche e soprattutto dagli artt. 570 e 570 bis del codice penale.

La persona obbligata a pagare l’assegno di mantenimento, dovrà fornire prova rigorosa della sua impossibilità ad adempiere al pagamento; deve cioè versare in una situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita dei minori.

Solo in presenza di questi elementi, la responsabilità penale è esclusa.

In ogni caso, il genitore non può sospendere il pagamento dell’assegno di mantenimento ed è tenuto a far fronte all’obbligo di mantenimento, in quanto la minore età dei figli, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta uno stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando loro i mezzi di sussistenza.

La riduzione del reddito, derivante dall’essere stato posto in cassa integrazione ovvero dall’aver subito una rilevante contrazione del reddito, potrà quindi essere considerata causa di esclusione da responsabilità solo se comporti la indisponibilità di entrate sufficienti a pagare il mantenimento dei figli.