Nella sentenza n. 18706/2020 la Cassazione chiarisce che non è mai consentito ricorrere alla violenza morale o fisica per educare i figli.
La Corte d’Appello condanna l’imputato per il reato di maltrattamenti in famiglia in danno della convivente e delle figlie. Si ricorda che il reato di maltrattamenti, contemplato dal codice penale, punisce con la pena della reclusione da tre a sette anni chiunque “maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte.”
Colpire la figlia con un cucchiaio è abuso dei mezzi di correzione?
Nel procedimento avanti la Corte di Cassazione, si evidenzia che la donna ha ingigantito nella denuncia fatti legati alla separazione e ridimensionato un episodio di violenza in cui l’uomo avrebbe colpito con un cucchiaio una delle figlie. La registrazione prodotta dalla persona offesa inoltre si riferirebbe solo a un periodo particolarmente conflittuale dovuto alla separazione. Episodi che, in base a documentazione debitamente prodotta, non corrispondono alla versione fornita dalla denunciante.
Non è mai consentito ricorrere alla violenza per educare o correggere
La Cassazione con la sentenza n. 18706/2020 dichiara il ricorso dell’imputato inammissibile per i motivi che si vanno a esporre.
Quello che evidenzia la Cassazione l’uso della violenza per fini correttivi ed educativi non è mai consentito.