La Cassazione è intervenuta per specificare che l’assegno di divorzio deve essere ridotto se
la moglie, dopo la fine del matrimonio, non si attiva per cercare lavoro.
In virtù della sentenza di divorzio, l’ex marito era stato condannato a versare alla ex
moglie una somma di denaro, che poi è stata dimezzata poiché la donna è diventata erede
nel frattempo, e non ha nel mentre cercato un’occupazione.
La decisione della Corte di Cassazione di fonda sul fatto che la moglie ha capacità per
procurarsi i mezzi di sostentamento per vivere.
I giudici invitano la moglie a responsabilizzarsi, piuttosto che ad assumere una condotta di
attesa della ricerca delle opportunità di lavoro, riversando sul coniuge più abbiente il
dovere di essere mantenuta.
In definitiva il giudice deve quantificare l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di
vita familiare, ma in misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale,
l’indipendenza economica del coniuge non autosufficiente, intendendo l’autosufficienza in
una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza.
Inoltre, ove ne ricorrano i presupposti, è diretto anche a compensare il coniuge
economicamente più debole, in funzione perequativo compensativa, del sacrificio
sopportato per aver rinunciato, in funzione di contribuzione ai bisogni della famiglia, a
realistiche occasioni professionali-reddituali, attuali o potenziali, rimanendo in ciò
assorbito, in tal caso, l’eventuale profilo assistenziale.